Antonio Castoldi nasce a Brugherio il 19 maggio 1914. Domiciliato a Cernusco sul Naviglio in via Pietro da Cernusco (presso la "Curt da la treca"), nel 1943 era operaio presso la Pirelli di Sesto San Giovanni. Egli è stato tra i protagonisti degli scioperi di quell'anno che, iniziati a Torino il giorno 5, ripresero poi a Milano il giorno 24; scioperi che andavano ben oltre i motivi di malcontento economico, inserendosi in una precisa prospettiva politica: la fine della guerra e il crollo del fascismo.
Antonio Castoldi con la consorte Dina Pombi (1939)
Antonio Castoldi è stato uno dei 19 operai della Pirelli arrestati e processati per aver partecipato agli scioperi del marzo 1943, con questa imputazione: "Quali mobilitati per il servizio al lavoro alle dipendenze dello stabilimento ausiliario Pirelli di Milano Bicocca, in concorso tra loro, nei giorni 24 e 25 marzo 1943, ostacolavano il corso del lavoro sospendendo lo stesso per alcuni periodi di tempo protrattisi talvolta fino a due ore".
La mattina del 24 marzo 1943, Antonio Castoldi aveva trovato, presso il suo posto di lavoro, un pacco di fogli de "l'Unità" con una nota che lo invitava a diffonderli nel suo reparto prima che tutta la maestranza fosse entrata in fabbrica. I giornali erano stati certamente lasciati da un suo collega di lavoro, un comunista, che già da tempo aveva avvicinato il Castoldi e del quale il Nostro aveva cominciato a condividere le analisi politiche sulla situazione del Paese. Antonio Castoldi, senza essere pienamente cosciente del valore politico che avrebbe dovuto assumere quello sciopero, fece ciò che sentiva giusto e distribuì quei fogli, sui quali erano riportate richieste di aumenti salariali, di aumento delle razioni base di viveri e la proclamazione dello sciopero. Il giorno dopo, la sera del 25 marzo, si presentavano a casa sua un messo comunale e il maresciallo dei carabinieri con il mandato di cattura. Castoldi aveva 28 anni e lasciava moglie e due figli in giovane età.
Tessera Associazione Nazionale Perseguitati Politici Antifascisti
Rinchiuso a San Vittore, più volte interrogato e picchiato, vi rimase per tre mesi; periodo durante il quale venne a contatto con diversi prigionieri politici, di alcuni dei quali subì il fascino della levatura culturale. Il processo, militare e a porte chiuse, si tenne a Milano e si protrasse per una settimana. Dei 19 operai della Pirelli arrestati, solo lui e Alfredo Ciceri vennero condannati: Castoldi ebbe la pena di un anno e tre mesi di reclusione, con la condizionale. Le prove del suo reato erano basate sulle testimonianze di un ingegnere e di un operaio della Pirelli.
Dopo questa sentenza, il Castoldi ebbe vita difficile alla Pirelli: dovette, infatti, abbandonare il lavoro e vivere di espedienti cercando di sfuggire all'odio dei fascisti. Entrato, poi, nella 107a Brigata Garibaldi "Libero Temolo" (un assistente della Pirelli fucilato a Piazzale Loreto) fu protagonista dell'insurrezione armata e della Liberazione di Sesto San Giovanni.
Con la rinascita della democrazia, Castoldi ricoprì per alcuni anni la carica di segretario politico della sezione del PCI di Cernusco.
Giorgio Perego
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